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Sarà il senso di adattamento, insito nell uomo, prima che nelle fattispecie di reato. O magari saranno le innovazioni apportate dai nuovi strumenti, che attraggono molte persone.

Dopo il dello stalker messo in carcere in quanto infastidiva costantemente la sua preda con messaggi privati e il caso del ragazzo malvivente che invece ha pubblicato sul web le fotografie del festeggiamento di compleanno senza alcun permesso, i tempi erano giusti affinché la Corte di Cassazione si pronunciasse in merito alla determinazione e limitazione dell uso legale della rete e di Facebook, almeno per chi è soggetto a misure giudiziarie limitative della libertà personale.

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Ormai obsoleti i tipici mezzi di comunicazione, quali messaggi SMS codificati (sembra che recentemente siano stati inviati perfino durante spettacoli televisivi domenicali) e bigliettini, anche gli odierni malviventi usano spesso gli strumenti informatici di comunicazione e, come tutti noi, ricorrono spesso alla rete e ai social network.

Per questo, la Corte di Cassazione si é pronunciata in merito all uso di Facebook da parte dei soggetti per cui i giudici hanno disposto gli arresti domiciliari.

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Il caso, chiuso il 18 ottobre 2010 dalla Sezione II penale con verdetto nr. 37151, è scaturito dal ricorso del Pubblico Ministero di Caltagirone, al quale il GIP aveva rifiutato la richiesta di modificazione in provvedimento di custodia cautelare in prigione gli arresti domiciliari per due soggetti incriminati che, secondo il Procuratore, non avevano osservato il divieto di comunicare con l esterno tramite il famosissimo social network.

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La suprema Corte, valutando come conforme alla legge il ricorso, ha posto delle precise limitazioni in merito.

Il magistrato per le indagini preliminari nel Tribunale di Caltagirone, con verdetto giurisdizionale in data 10 maggio 2010, aveva rifiutato la richiesta di sostituzione della disposizione degli arresti domiciliari con la custodia carceraria, avanzata dal Pubblico Ministero in forza dell art. 276 comma I c.p.p. in relazione a due presunti criminali, che non avevano osservato la disposizione a loro diretta ex art. 284 comma II c.p.p. di non avere contatti con persone differenti dai soggetti conviventi.

Sembrava fuori dubbio per l ente giudiziario istruttore che i medesimi abitualmente chattassero con i propri amici usando Facebook.

Gli arresti domiciliari, inoltre, non possono essere ritenuti alla stregua di una vacanza premio, ma devono avere la loro natura di disposizione cautelare, sebbene più leggera rispetto alla reclusione carceraria.

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Generalmente, adottando tale misura, il magistrato dispone che non devono essere intrattenute relazioni con soggetti che non siano parenti o legali del recluso. Nessuna visita a casa, quindi, né telefonate e messaggi con altri individui.

E sembra non rilevare, nel merito, che l inosservanza delle disposizioni giudiziarie emesse in regime di concessione della misura ridotta sia utile o meno alla lesione delle esigenze di cautela garantite dalla legge.

La Corte di Cassazione ha evidenziato difatti che “se si manifesta un caso di infrazione delle disposizioni […], l art. 276 c.p.p. comma 1 ter, prevede necessariamente l abolizione della misura degli arresti domiciliari, cui segue la disposizione della custodia cautelare carceraria, senza che all organo giudiziario, una volta attestata l avvenuta infrazione, possa essere permesso l esercizio del potere di rivalutare le esigenze cautelari” (Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-09-2009) 02-11-2009, n. 42017). Il GIP in questione, però, senza alcuna dettagliata giustificazione del proprio verdetto (o quantomeno questo è quanto emerge dalla pronuncia della Cassazione), si limitava al rifiuto della richiesta di inasprimento della misura cautelare.

Presentava quindi ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Caltagirone, ritenendo manifesta la fattispecie di infrazione dell obbligo di non avere contatti con altri, disposta in sede di assegnazione della misura giudiziaria cautelare.

Il ricorso era ritenuto conforme alla legge.

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“La recente tecnologia – si dispone nella sentenza della Cassazione – consente oggi un agevole scambio di dati anche con mezzi che differiscono dalla mera comunicazione orale, tramite il web e anche tale tipo di diffusione deve essere compreso nel concetto stesso di comunicazione, anche se non manifestamente vietata dall organo giudiziario, dovendo ritenersi compreso nel generico ‘divieto di comunicare la proibizione non soltanto di parlare direttamente, ma anche usando altri mezzi, inclusi quelli di informatica, sia a parole che per iscritto o con tutte le altre applicazioni che permettono il contatto del soggetto incriminato con terzi”.

Una norma, quella contenuta dal secondo comma dell art. 284 c.p.p. che, come affermano gli Ermellini, deve soggiacere, in assenza di più chiare disposizioni (delle quali, a questo punto e come si dirà dopo, si inizia a necessitare) a una interpretazione di natura estensiva. E assolutamente a norma di legge, quindi, ipotizzare il divieto di comunicare non solo con individui né familiari né coinquilini, ma anche, anche se non vi sono leggi precise in merito, di usare internet per comunicare.

La proibizione pare riguardare pertanto non soltanto la relazione diretta, ma anche molti altri mezzi più o meno tecnologici, ad esempio i più nascosti “biglietti”, i segni, le informazioni televisive anche implicite, fino ai messaggi via web.

In breve, la generica “privazione di comunicare” non può consistere soltanto nella comunicazione diretta con altre persone, ma anche con “la comunicazione, usando altri metodi, inclusi quelli interattivi, sia a parole sia per iscritto o con qualsiasi altra strategia che metta in contatto il soggetto incriminato con altri”.

Un altra precisazione deve essere fatta per il profilo, assolutamente fondamentale nonostante sia più tecnico-procedimentale, delle complicazioni che emergono in merito all accertamento dei casi di infrazione.

Per quanto riguarda l inosservanza dell impedimento di comunicare, i giudici supremi hanno incluso nella suddetta precisazione il fatto che “deve essere verificata dall accusa e non può essere considerata eventuale dall uso delle applicazioni informatiche”.

Non basterebbe, per poter beneficiare del provvedimento di sospensione degli arresti domiciliari e il loro rimpiazzo con la custodia cautelare carceraria, la verifica sul fatto che il soggetto incriminato utilizzi la rete dal proprio domicilio (motivo per cui la Cassazione ha rinviato la procedura dinanzi al GIP di Caltagirone perché potesse precisare il caso), ma bisogna fornire elementi di prova sul fatto che egli abbia comunicato, sebbene con la chat, con altri soggetti.

E se pare difficile rinvenire gli elementi probatori in tal senso, i fatti includono già la novità dell azione, in un caso simile, nella completa flagranza della fattispecie di infrazione, degli addetti della Polizia Postale e delle Telecomunicazioni.

Non rimane quindi che chiedersi quale sia il peso di una tale interpretazione giuridica analogica, nel momento in cui essa è applicata al mondo di internet e ai vari mezzi di comunicazione che esso mette a disposizione.

In base all impostazione interpretativa data dagli autori del verdetto in oggetto, sotto accusa non è di sicuro la rete considerata nel suo complesso, ma l impiego di internet per comunicare.

La Corte, invero, accoglie l uso del web solo con “funzioni di istruzione o comprensione “, a condizione che esso sia utilizzato senza avere contatti con altri individui in rete.

Ne scaturisce un idea malsana della rete, che non dispone di una delle due direzioni di marcia a cui siamo consueti.

Informarsi, quindi, senza poter replicare in alcun modo. Visto che la libertà di comunicazione è chiaramente garantita in quanto diritto inviolabile dalla carta costituzionale, così come disposto casualmente in un altro noto verdetto della Cassazione, emesso proprio in tema di inosservanza di norme e divieto di comunicare con altri individui (Cass. pen. Sez. VI, Sent., ud. 12-05-2009, 21-05-2009, n. 21296), è lecito chiedersi se uno scambio di notizie con Twitter, così come un aggiornamento di stato su Facebook non debbano essere considerati come manifestazioni di opinioni e non (data la varietà e moltitudine di utenti) una conversazione interattiva con altri, vietata al soggetto tenuto ad osservare le disposizioni emesse dall Autorità giudiziaria.

Dal momento che con la rete crescono le occasioni e le probabilità di attivare nuovi mezzi comunicativi definibili e concreti, ne risente anche l aspetto della comunicazione. Sulla rete non deve ad esempio forzatamente essere considerato il turn taking, la turnazione di interazione e la concomitanza della diffusione, così come non serve la partecipazione di utenti nello stesso sito della comunicazione.

In sostanza un “post” di risposta ad un altro “post” palesa l estensione del senso di quello che può essere additato come “conversazionale”. Se poi non si implementa un vasto sistema relazionale e di possibile compimento della comunicazione.

Basta un tweet, ad esempio. Un dato tra i tanti nell insieme della rinvenibilità, casomai garantita da un hashtag. E non è ovvio che tutto ciò sia relativo solo alla non osservanza delle disposizioni in materia.

Tuttavia, parla delle proprie condizioni tramite Twitter scrivendo: «Miei amici sono nuovamente a casa. L 8 ottobre sono stati disposti per me gli arresti domiciliari. Non so se e quando potrò vedere altre persone.» Inoltre, anche in Italia, per i soggetti reclusi con verdetto conclusivo è stata autorizzata, talvolta, la possibilità di manifestare le proprie opinioni senza alcun freno tramite il web, come nel caso di Rato Vsca, per molto tempo autore di un noto blog, senza dover immancabilmente arrivare all eccessivo impiego dello strumento e in azioni illecite e vietate tramite la rete, che ha addirittura minacciato le proprie vittime e gestito gli affari familiari proprio dalla pagina del famoso social network di Zrg)

A tal proposito, sarebbe adeguata un ulteriore precisazione giuridica della Suprema Corte, in merito alle differenze che vi sono tra esposizione del proprio pensiero, anche usando un mezzo di comunicazione in potenza senza limitazioni come la rete, e avere contatti intenzionali (in manifesta infrazione dei doveri indicati) con soggetti noti e specifici.